PARCO DELLE CAVE
Il “parco delle cave” nasce grazie al paziente lavoro di bonifica di alcune cave in disuso del territorio marsalese, l’impegno di privati cittadini lo ha reso accessibile e lo ha salvaguardato dal rischio di diventare una pubblica discarica.
Si configura come una città nascosta in quanto si svolge anche al di sotto del piano di campagna e si delinea in una particolare architettura generata dalla mano dei cavatori che estraevano i litoidi di calcarenite arenaria chiamati comunemente “tufi”.
Le cave abbandonate, elementi del paesaggio trasformato dalla mano dell’uomo nel corso dei secoli, sono componenti significativi del territorio, importanti per la loro irripetibilità ma anche per la loro valenza storico-culturale in quanto testimonianza di tecniche di estrazione e lavorazione non più in uso.
Le cave nascono dall’esigenza di ricavare materiare di facile lavorazione per costruire templi, monumenti e abitazioni.
L’estrazione della calcarenite arenaria veniva praticata già dal sec. VII a.C. e blocchi di tufo vennero cavati per costruire prima Mozia e poi l’antica Lilibeo.
Il terreno affiorante di queste zone che rappresenta la protezione del sottostante banco calcareo è chiamato “sciara” termine di derivazione araba che indica un paesaggio arido e desolato.
La poca terra rossa presente permette la riproduzione della Palma nana, del Cappero, del Timo, della Ferula, dell’Asparago selvatico e altre piante tipiche della macchia mediterranea.
L’estrazione della calcarenite si è incrementata durante gli anni cinquanta ed ha rappresentato un importante attività economica per la popolazione marsalese assieme all’agricoltura ed alla pesca.
Inizialmente l’estrazione avveniva manualmente con mezzi rudimentali, veniva eliminata la parte affiorante rocciosa per raggiungere quella sottostante più malleabile dando vita a lunghi percorsi sotterranei .
Per l’estrazione manuale in galleria “metodo a pilera” si utilizzavano la mannaia ed il manganello cilindro di legno dove scorreva la corda a cui venivano legati ad uno ad uno i tufi per essere portati in superficie.
Si lavorava a gruppi di 3-4 persone che riuscivano ad estrarre ogni giorno 35-40 tufi.
L’accesso in galleria avveniva attraverso delle bocche denominate pozzi e i cavatori scendevano per qualche metro fino ad incontrare il materiale più pregiato per compattezza e grana. Scavando dei cunicoli orizzontali ed estraendo il materiale si originavano lunghissime gallerie. A sostegno delle volte rocciose si lasciavano dei grandi pilastri denominati pileri che avevano uno spessore variabile dai 2 ai 14 metri.
Con l’avvento della tecnologia si utilizzano le macchine “ taglia tufi “ e si è passati all’estrazione col “metodo a fossa” o a cielo aperto. Le macchine tagliatufi, azionate da motori, scorrono su binari e sono munite di due lame una verticale ed una orizzontale che servono a tagliare i lati del litoide a forma di parallelepipedo. L’estrazione viene effettuata a strati e via via si scende fino ad arrivare vicino allo strato di argilla, dove finisce la lavorazione.
Il “parco delle cave”, luogo ideale per laboratori creativi ed attività sportive di vario tipo, è stato palcoscenico per rappresentazioni teatrali ed artistiche.
ORARI PER L'APERTURA AL PUBBLICO SONO I SEGUENTI: MARTEDI,GIOVEDI', SABATO e DOMENICA dalle 10,00 alle 13,00
(Fonte: ANNA MARIA OTTOVEGGIO)
Si configura come una città nascosta in quanto si svolge anche al di sotto del piano di campagna e si delinea in una particolare architettura generata dalla mano dei cavatori che estraevano i litoidi di calcarenite arenaria chiamati comunemente “tufi”.
Le cave abbandonate, elementi del paesaggio trasformato dalla mano dell’uomo nel corso dei secoli, sono componenti significativi del territorio, importanti per la loro irripetibilità ma anche per la loro valenza storico-culturale in quanto testimonianza di tecniche di estrazione e lavorazione non più in uso.
Le cave nascono dall’esigenza di ricavare materiare di facile lavorazione per costruire templi, monumenti e abitazioni.
L’estrazione della calcarenite arenaria veniva praticata già dal sec. VII a.C. e blocchi di tufo vennero cavati per costruire prima Mozia e poi l’antica Lilibeo.
Il terreno affiorante di queste zone che rappresenta la protezione del sottostante banco calcareo è chiamato “sciara” termine di derivazione araba che indica un paesaggio arido e desolato.
La poca terra rossa presente permette la riproduzione della Palma nana, del Cappero, del Timo, della Ferula, dell’Asparago selvatico e altre piante tipiche della macchia mediterranea.
L’estrazione della calcarenite si è incrementata durante gli anni cinquanta ed ha rappresentato un importante attività economica per la popolazione marsalese assieme all’agricoltura ed alla pesca.
Inizialmente l’estrazione avveniva manualmente con mezzi rudimentali, veniva eliminata la parte affiorante rocciosa per raggiungere quella sottostante più malleabile dando vita a lunghi percorsi sotterranei .
Per l’estrazione manuale in galleria “metodo a pilera” si utilizzavano la mannaia ed il manganello cilindro di legno dove scorreva la corda a cui venivano legati ad uno ad uno i tufi per essere portati in superficie.
Si lavorava a gruppi di 3-4 persone che riuscivano ad estrarre ogni giorno 35-40 tufi.
L’accesso in galleria avveniva attraverso delle bocche denominate pozzi e i cavatori scendevano per qualche metro fino ad incontrare il materiale più pregiato per compattezza e grana. Scavando dei cunicoli orizzontali ed estraendo il materiale si originavano lunghissime gallerie. A sostegno delle volte rocciose si lasciavano dei grandi pilastri denominati pileri che avevano uno spessore variabile dai 2 ai 14 metri.
Con l’avvento della tecnologia si utilizzano le macchine “ taglia tufi “ e si è passati all’estrazione col “metodo a fossa” o a cielo aperto. Le macchine tagliatufi, azionate da motori, scorrono su binari e sono munite di due lame una verticale ed una orizzontale che servono a tagliare i lati del litoide a forma di parallelepipedo. L’estrazione viene effettuata a strati e via via si scende fino ad arrivare vicino allo strato di argilla, dove finisce la lavorazione.
Il “parco delle cave”, luogo ideale per laboratori creativi ed attività sportive di vario tipo, è stato palcoscenico per rappresentazioni teatrali ed artistiche.
ORARI PER L'APERTURA AL PUBBLICO SONO I SEGUENTI: MARTEDI,GIOVEDI', SABATO e DOMENICA dalle 10,00 alle 13,00
(Fonte: ANNA MARIA OTTOVEGGIO)