PARCO ARCHEOLOGICO DI MARSALA
AREA ARCHEOLOGICA DI CAPO BOEO
LILIBEO INSULA ROMANA Nell’area della zona di Capo Boeo sono stati rinvenuti resti d’abitazioni, di cui la più rilevante è l’insula, riportata alla luce nel 1939, datata circa II - I secolo a.C. che sembra rispettare un tracciato storico già esistente. L’edificio o Domus delimitato da due strade lastricate si presenta con ambienti spaziosi e con pavimenti a mosaico, con atrio e peristilio e nella parte adiacente si trovano l’impianto termale ed i servizi. L’abitato sembra aver subito due fasi di ristrutturazione, una risalente al I secolo a.C., l’altra sul finire del II e l’inizio del III secolo d.C. Sono presenti in tutta l’area tracce d’edifici risalenti ai primi due secoli dell’età imperiale romana e al III secolo d.C. periodo in cui fu costituita la Colonia Helvia Augusta Lilybitanorum. Giunge ad una nuova fase d’abbandono nel IV secolo d.C., anno 365, a causa di un forte terremoto e nel 440 d.C. a causa dell’invasione vandalica. Il Parco Archeologico prevede il recupero del territorio e dell’abitato, la valorizzazione dei preziosi mosaici e dei reperti che sono stati rilevati in occasione dei precedenti scavi. ORARI Area archeologica Da Martedì a Sabato ore 9.00-18.30 Domenica e Festivi ore 9.00-12.30 Prima domenica del mese ingresso gratuito al Parco archeologico da p.zza della Vittoria. Si comunica inoltre, che nella giornata di Lunedì dell’Angelo (22 Aprile) il Museo e il Parco saranno aperti al pubblico dalle ore 9.00 alle 13.00. |
AREA ARCHEOLOGICA DI MOZIA
Presso l’estrema punta nord-occidentale della Sicilia, quasi di fronte a Marsala, il mare forma una laguna, chiamata Stagnone chiusa ad ovest dall’Isola Lunga e ad est dalla costa siciliana. Al centro della laguna si trovano l’isola di San Pantaleo, sede della colonia fenicia di Mozia e le altre due piccole isole di Santa Maria e di Scuola. La città di Mozia presentava i requisiti tipici di molti stanziamenti fenici: era situata su di una piccola isola in prossimità della costa, circondata da bassi fondali, quindi in grado di garantirsi sia una buona difesa dagli attacchi nemici e contemporaneamente di offrire un sicuro attracco per le navi.
Mozia, fondata alla fine dell’VIII sec. a.C., per la sua posizione felice dovuta anche alla vicinanza con l’Africa e punto di transito obbligato per le rotte commerciali verso la Spagna, la Sardegna e l’Italia Centrale, divenne ben presto una delle più floride colonie fenicie del Mediterraneo. La presenza in Sicilia dei Greci, con cui i Fenici avevano scambi commerciali ma anche contatti non sempre amichevoli, causò guerre che con alterne vicende provocarono infine la distruzione di Mozia ad opera di Dionisio di Siracusa nel 397a.C. Da allora i superstiti si trasferirono sulla costa siciliana, fondando la città di Marsala. L’isola non rimase però del tutto disabitata come dimostrano numerose evidenze archeologiche riscontrate nel corso degli scavi. I reperti più significativi degli scavi di Mozia sono esposti nel Museo Archeologico ivi creato da Giuseppe Whitaker, uomo di raffinata cultura, appassionato studioso di scienze naturali, storia e archeologia, che nei primi anni di questo secolo acquistò l’isola e vi condusse i primi scavi sistematici. A questo illustre membro di una ricca famiglia inglese che aveva industrie e commerci in Sicilia, si deve il primo fondamentale impulso per la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio archeologico di MoziaBaglio Anselmi è oggi sede del Museo Archeologico Regionale ma fino al secolo scorso era utilizzato come Stabilimento vinicolo. - VIRTUAL TOUR PORTA NORD
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GIOVINETTO DI MOTHIA
Provenienza: Isola di Mozia- Zona K, ottobre 1979; rinvenuto sotto un cumulo di detriti in giacitura secondaria.
Dimensioni: altezza complessiva stimata m. 1,94 Materiale: marmo bianco a grana grossa cristallina di presumibile origine cicladica, con tracce di policromia. Conservazione: testa trovata staccata dal busto, corpo privo dei piedi delle braccia; si conserva parte della mano sinistra. Abrasioni e scheggiature sulla superficie della statua dovuti al trascinamento dal luogo dell’originaria collocazione ed al contatto con il materiale detritico che la ricopriva. Descrizione: personaggio maschile stante, vestito di una lunga tunica pieghettata, trattenuta al petto da larga fascia con fori centrali per l’applicazione di elemento decorativo; calotta cranica parzialmente lavorata con fori per il fissaggio di un copricapo di altro materiale; fila di riccioli sulla fronte e sulla nuca. La resa dei muscoli delle spalle suggerisce la posizione delle braccia mancanti: il destro proteso in avanti, il sinistro piegato, del quale si conserva la mano sul fianco. La gamba destra è flessa in avanti mentre la sinistra, dritta, sostiene il peso del corpo. Datazione: secondo quarto del V sec.a.C. Probabile committenza punica e bottega siceliota. |
LA STRADA PUNICA
Mozia sorge sull’isola di S. Pantaleo al centro di un braccio lagunare chiuso, ad Est, dalla costa occidentale della Sicilia ed a Ovest dall’Isola Lunga.
Fortificata da una cortina di muro che la cingeva tutt’intorno al perimetro, era collegata con la terraferma da una strada che partendo da Porta Nord arrivava fino a Birgi. Di questa strada, percorribile fino agli inizi degli anni ’70, della lunghezza di circa 1,7 km e larga tanto da accogliere due carri affiancati, si possono osservare ad occhio nudo, sotto il livello del mare, le tracce a noi pervenute. |
IPOGEO DI CRISPIA SALVIA
Nell’area della necropoli punica si trova l’ipogeo di Crispia Salvia (fine II – IV sec. d. C.), una camera funeraria con sei deposizioni e pareti interamente dipinte, accessibile tramite un dromos con deii gradini scavati nella roccia. L’ipogeo è identificabile da un’epigrafe con latina con la quale Iulius Demetrius dedica il suo pensiero alla moglie Crispia Salvia morta a quarantacinque anni. La decorazione pittorica è costituita da una scena con cinque figure maschili incedenti verso una flautista seduta, una scena di banchetto funebre, quattro pavoni, di cui due su alti Kalathoi, ricolmi di frutta e fiori e sulla parete posta di fronte l’ingresso vi sono due figure alate che reggono un festone.
Via M. D’Azeglio, 41
Da martedì a venerdì ore 9.00-13.00 Visite su prenotazione tel. 0923.952535
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NECROPOLI PALEOCRISTIANE
La vasta area di Santa Maria della Grotta vanta una storia antichissima. In epoca punica e poi romana, fino al II sec. a.C., faceva parte della vasta necropoli di Lilibeo, come documentano le numerose tombe ipogeiche a pozzo verticale (in un caso con camera funeraria), a fossa rettangolare o quadrangolare, utilizzate per inumazioni ed incinerazioni entro anfore, scavate nella roccia a varie profondità nel pianoro che in seguito sarebbe diventato il sagrato superiore della Chiesa di Santa Maria della Grotta. Tra la fine del II e il III sec. d.C., nella fase di espansione edilizia che coincise con la deduzione della colonia Helvia Augusta Lilybitanorum, fu utilizzata come latomia, come attestano i tagli nella roccia riconducibili all’estrazione del tufo. In periodo paleocristiano diventò area catacombale, destinazione d’uso che comportò lo scavo di arcosolii e nicchie nelle pareti delle latomie abbandonate.
Le cosiddette catacombe di Lilibeo si estendevano in una vasta area compresa tra la chiesa della Madonna dell’Itria e, costeggiando la linea ferrata, fino alla strada nazionale per Trapani. Si tratta di un complesso di camere funebri, ipogei, tombe ad arcosoli, ricavati sia sfruttando le cavità naturali, sia scavando il banco tufaceo. L’area dell’ex convento dei Niccolini è ricca di tombe ad arcosolio, semplici o con decorazione dipinta. Di particolare importanza il complesso sud dell’area, composto da tre arcosoli, con pavimento a mosaico, raffigurante un vaso biansato policromo. |
NECROPOLI MONUMENTALI
La necropoli punica occupava una vasta area, ora compresa tra le vie Cattaneo, Struppa, D’Azeglio, De Gasperi, nella quale sono state rinvenute tombe a fossa e a pozzo, semplici o ipogeiche, con ricchi corredi funerari. L’area continuò ad essere utilizzata fino alla tarda età imperiale con la sovrapposizione di nuove sepolture alle più antiche e con i conseguenti adattamenti e manomissioni. In via del Fante si trovano sepolture romane a lastre di tufo intonacate, a piramide, a cupola, databili tra la fine del III e gli inizi del II secolo a.C., ricche di corredo funebre.
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